Glossario - seconda parte
Immanuel KANT
(1724-1804)
Immanuel Kant nacque a Koenigsberg (Prussia orientale) il 22 aprile 1724, da una famiglia protestante di probabile origine scozzese. Ricevette la sua prima educazione scolastica nel locale Collegium Fridericianum che, sotto la direzione del teologo pietista Franz Albert Schultz, si andava aprendo alle istanze razionalistiche dell'illuminismo tedesco. Iscrittosi nel 1740 all'ateneo koenigsberghese, vi intraprese lo studio della metafisica e della teologia dogmatica e, accanto a esse, coltivò assiduamente le scienze fisico-matematiche nella formulazione che egli riteneva più compiuta, quella newtoniana. Dopo un lungo periodo trascorso come istitutore privato (1746-1754) ottenne nel 1755 il dottorato e la libera docenza: i corsi universitari che egli dedicò a differenti discipline, dalla matematica alla filosofia morale, dalla geografia fisica al diritto naturale all'antropologia filosofica, testimoniano della varietà ed estensione dei suoi interessi. L'università di Koenigsberg gli conferì l'ordinariato di logica e metafisica solo nel 1770, quando il filosofo era già noto per alcuni scritti precedenti, tra cui ricordiamo la Storia universale della natura e Teoria del cielo (1755), dove la cosmogenesi è riconosciuta come processo interamente naturale, e i Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica (1766). La critica della metafisica tradizionale che vi è abbozzata, fu portata a compimento durante gli anni Settanta, anche attraverso la meditazione degli sviluppi più radicali dell'empirismo inglese (Hume). Da questi presupposti nasce il progetto «illuministico » della filosofia kantiana, il cui motivo conduttore è la « critica della ragione », intesa come delimitazione rigorosa degli ambiti di pertinenza delle diverse facoltà umane. La Critica della ragion pura (1781) indaga le facoltà conoscitive, la Critica della ragion pratica (1788) analizza le facoltà etico-pratiche, mentre la Critica del giudizio (1 790) elabora una teoria dell'esperienza estetica. Di analoga ispirazione illuministica sono altre opere del periodo «critico » di Kant: i Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza (1783), La religione nei limiti della pura ragione (1793), la Metafisica dei costumi (1797), l'Antropologia (1798). Kant morì a Koenigsberg il 12 febbraio 1804.
(Sintesi biografica basata su: R. Cesarani - L. De Federicis, Il materiale e l'immaginario, vol III, Torino 1986)
ROMANTICISMO
Il termine «romanticismo » venne applicato, per primo, da F. von Schlegel (1798) alla letteratura che egli considerava « moderna » e che contrapponeva all'antica, o « classica ». Usato sempre più ampiamente ed estesamente, il termine venne applicato, già nell'Ottocento, prima a una generale tendenza della sensibilità (un modo nuovo dell'immaginazione) e poi a un diffuso orientamento del pensiero, a una filosofia; e così via via si è parlato non più solo di musica o arte romantica, ma anche di scienza o filosofia romantiche.
Questa grande ampiezza d'uso pone non pochi problemi a chi voglia definire più precisamente questo termine. Un'ulteriore complicazione viene dalla notevole varietà degli atteggiamenti interpretativi degli studiosi. C'è chi restringe il romanticismo al solo insieme di movimenti letterari europei che si richiamarono a questo nome nella prima metà dell'Ottocento (Wellek), chi lo collega con un mutamento della sensibilità avvenuto alla fine del Settecento e vivo ancor oggi (Praz), chi addirittura lo considera uno dei due poli fra cui oscilla continuamente la spiritualità dell'uomo nei vari momenti storici (la distinzione di Schlegel fra classico e romantico, e quella di Nietzsche fra apollineo e dionisiaco sono state tante volte riprese dagli storici delle idee universali e dagli aderenti alla Geistesgeschichte, storia dello spirito). Ma le opinioni variano anche sulla omogeneità europea del fenomeno: mentre Wellek sostiene la sostanziale omogeneità, Lovejoy insiste sulla molteplicità e diversità delle sue manifestazioni nazionali. Le differenze sono ancor oggi vive nel linguaggio comune: mentre in tedesco romantisch evoca immagini letterarie, di paesaggio, di ricordi medievali (e die romantische Strasse è la strada che percorre, come itinerario poetico, una serie di borghi medievali con antichi castelli), in inglese romantic è collegato, nel linguaggio quotidiano, con il sentimento e l'amore.
Se usiamo il termine in modo restrittivo, per indicare alcuni precisi movimenti letterari, dobbiamo però anche tener presente che essi si svilupparono in date diverse, fra il 1800 e il 1830, nei diversi paesi europei: prima in Germania, poi in Italia e Inghilterra, poi in Francia.
~ forse opportuno indicare quali sono stati, essenzialmente, i tratti comuni fra i diversi movimenti romantici: l'ideale della libertà creativa, della spontaneità, della sincerità; la concezione della letteratura, e della poesia, come espressione del sentimento; una polemica abbastanza vivace contro le regole, i generi, i precetti razionalistici; una battaglia in favore del libero gioco della fantasia; un interesse per il mito e i simboli; l'esplorazione del sogno e di altre manifestazioni dell'inconscio; una tendenza ad abolire le distinzioni fra poesia e prosa.
(Sintesi basata su: R. Cesarani - L. De Federicis, Il materiale e l'immaginario, vol IV, Torino 1986)
Nel Web, in Inglese: Romantic Chronology
Giuseppe MAZZINI
(1805-1872)
Nacque a Genova da una famiglia alto-borghese di tendenze democratiche e repubblicane. Si laureò in giurisprudenza nel 1827 e nello stesso anno iniziò la sua attività di scrittore collaborando a vari giornali.
Nel 1830, in quanto affiliato alla Carboneria, fu arrestato e dovette prendere la via dell'esilio. Fu a Ginevra, a Lione, a Marsiglia, di nuovo in Svizzera e, nel 1837, a Londra. Il periodo londinese, per altro travagliato da difficoltà morali e materiali, fu particolarmente intenso. Il Mazzini riprese il lavoro della Giovine Italia, i contatti con gli altri esuli italiani e l'opera di propaganda politica, ispirando la maggior parte dei moti che precedettero il '48.
A Londra Mazzini ebbe modo di frequentare la casa di Thomas Carlyle e di venire quindi in contatto con la cerchia di amici di quest'ultimo, vale a dire l' élite intellettuale del mondo anglo-sassone di quel tempo - J. S. Mill e Charles Dickens, tanto per fare qualche nome. Con Carlyle, però, i rapporti si raffreddarono quando il pensiero politico di quest'ultimo prese ad assumere toni reazionari e ad incamminarsi risolutamente verso una sorta di assolutismo patriarcale.
Tornato in Italia per guidare la Rivoluzione romana (1848-'49), conobbe Margaret Fuller, amica di Emerson ed appassionata esponente del movimento trascendentalista. La Fuller condivise totalmente l'esperienza rivoluzionaria prendendovi parte attiva.
La contiguità spirituale con personaggi come il genio scozzese e l'eroina americana non deve sorprendere. Giuseppe Mazzini, al pari di Emerson, Fuller, Thoreau, e non dissimilmente da Carlyle fu uno spirito essenzialmente religioso, ancorché il suo credo non si identificasse con nessuna religione rivelata (ma lo stesso vale, del resto, per gli stessi trascendentalisti). Sua madre, Maria Drago, che tanta parte ebbe nella sua formazione, era una fervente giansenista. Per l'apostolo genovese attuare la legge di Dio è il fine di ogni esistenza individuale e collettiva, ed è in questa chiave che va interpretato il suo messaggio politico, morale e civile.
Così scrisse all'amico Luigi Melegari nel 1837:
"Abbiti questo come se io te lo dicessi morendo: sono religioso come forse tu non puoi immaginare; la religione mi tien vivo, la religione è sempre stata in cima di tutti i miei pensieri".
Caduta la Repubblica romana, Mazzini riprese la via dell'esilio. Da Losanna diede nuovo impulso alle agitazioni, ma oramai Vittorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi si apprestavano a realizzare la tanto agognata unità d'Italia per vie che egli non avrebbe mai potuto percorrere.
Visse per lo più a Londra l'ultima parte della sua vita, tornò in Italia nel 1859-'60, nel 1870 e nel 1872, per morirvi, a Pisa, sotto il falso nome di Brown.
Nel Web, in Italiano: Il Pensiero Mazziniano
PLATONE
(427-347 a.C.)
Platone nacque in Atene da nobile famiglia nel 427 a. C. Il suo vero nome era Aristocle, ma fu chiamato Platone dal suo maestro di ginnastica per le sue larghe spalle. Forse da giovane militò tra le file del partito aristocratico, ma ben presto, disgustato dalle mene meschine dei politicanti, si ritirò dalla vita politica. Sia queste circostanze come gli avvenimenti politici di cui fu spettatore e la rovina della sua patria acuirono in lui maggiormente il desiderio di uno Stato migliore e giusto. Così, fallito l'uomo di Stato, nacque il pensatore politico della Repubblica e delle Leggi. Fu discepolo di Cratilo, seguace di Eraclito e dei sofisti, di cui Platone conobbe la dottrina forse anche dalla viva voce dei più famosi. Ventenne, conobbe Socrate e ne subì profondamente l'influsso; di lui fu discepolo fedelissimo per quasi un decennio e del maestro assimilò l'abito dialettico e la problematica. Più che la filosofia, l'uomo Socrate impressionò potentemente Platone tanto che, anche a molti anni di distanza, in quasi tutti i Dialoghi, la figura del maestro giganteggia sovrana. La giovinezza di Platone trascorse in Atene, ancora splendida ma già in declino, travagliata da vicende militari (la guerra del Peloponneso, che si conclude disastrosamente e da rivolgimenti politici (crollo della democrazia ed oligarchia dei Trenta; ritorno degli esiliati e restaurazione democratica), logorata dagli odi di parte e dal malcostume.
Dopo la morte dì Socrate, alcuni amici del processato filosofo (quello di Socrate, come molti altri, fu un processo politico) lasciarono Atene e tra costoro anche Platone, attratto da altre città, nelle quali fiorivano scuole filosofiche. Si recò infatti nel 399 da Euclide a Megara e probabilmente da Megara andò a Cirene e in Egitto. Dopo un breve ritorno in Atene, viaggiò nell'Italia meridionale stringendo relazioni con i pitagorici, specialmente a Taranto, dove allora era capo della scuola Archita. Nel 390 fu a Siracusa alla corte del tiranno Dionigi, dove rimase per circa tre anni con la speranza di realizzare i suoi ideali politici, anche perché appoggiato dal pitagorico Dione, capo del partito aristocratico e cognato di Dionigi. Il tiranno, insospettito, consegnò Platone a un ambasciatore spartano come prigioniero di guerra. Pare sia stato liberato dal suo amico Anniceride, filosofo cirenaico. Verso il 388 tornò in Atene e vi fondò l'Accademia e quivi per circa quarant'anni dispiegò la sua attività di maestro e di scrittore. Morto nel 368 Dionigi il Vecchio e succedutogli Dionigi il Giovane, Dione invitò di nuovo Platone a Siracusa. Anche questo secondo tentativo politico falli e il filosofo tornò deluso nella sua patria. Anche un terzo viaggio (361) per conciliare Dione e Dionigi fu sfortunato e Platone corse grave pericolo, al quale sfuggi per l'intervento del governo di Taranto, capeggiato dal pitagorico Archita. Pare che Platone non si sia più mischiato in faccende politiche; concentrò tutta l'attività nel governo della sua scuola. Si dice che la morte lo abbia colto placidamente, mentre assisteva a un banchetto nuziale, nel 347 a. C. Platone è uno dei pochissimi geni universali dell'umanità: insieme sommo filosofo e sommo scrittore. La sua influenza, soprattutto sulla cultura occidentale, dura da 24 secoli.
Dl Platone sono a noi pervenuti 36 dialoghi, sull'autenticità e la successione cronologica dei quali la critica non è ancora arrivata a conclusioni definitive. Si è ormai pressoché d'accordo di raggrupparli nel Seguente ordine di successione secondo lo svolgimento del pensiero platonico: 1) Dialoghi socratici e giovanili, qualcuno forse scritto vivente lo stesso Socrate, nei quali manca ancora un pensiero personale e si espone e si difende la dottrina socratica. Citiamo: il Lachete, il Carmide, l'Eutifrone, l'Ippia minore, l'Apologia di Socrate, il Critone, l'Ione, il Protagora, il Liside.. 2) Dialoghi polemici contro i sofisti, nei quali il pensiero sofistico viene sottoposto a una serrata revisione critica sotto l'aspetto logico, etico e politico. Ci sono in essi la prima delineazione della dottrina delle idee e gli indizi che Platone tra poco si ergerà arbitro tra i sofisti e Socrate. Citiamo: il Gorgia, il Menone, l'Eutidemo, il Cratilo, il Teeteto (per alcuni autorevoli interpreti appartiene al quarto periodo), il Menesseno, l'Ippia maggiore (entrambi di dubbia autenticità). 3) Dialoghi della maturità, nei quali è svolta la dottrina delle Idee. Citiamo: il Fedro, il Convito, il Fedone, la Repubblica. 4) Dialoghi della tarda maturità, nei quali il filosofo sottopone a revisione critica la sua teoria delle idee, già criticata nella stessa Accademia e in altre scuole filosofiche. Citiamo: il Parmenide, il Sofista, il Politico, il Filebo, il Timeo. Opera della vecchiaia, incompiuta e forse risultante da appunti messi insieme da qualche scolaro, sono le Leggi. Molto discussa l'autenticità delle Lettere.
(Sintesi della vita tratta in parte da: Michele F. Sciacca, La filosofia nel suo sviluppo storico. I. Antichità e Medioevo, Roma 1959).
Se Socrate aveva scoperto il concetto, rivendicandone l'universalità, la filosofia di Platone nasce come ricerca dell'origine dei concetti. Ciò lo porta a scoprire il Mondo delle Idee, trascendente, fuori dello spazio e del tempo e oltre la materia e lo stesso pensiero. Pertanto, la conoscenza filosofica, al suo massimo grado, altro non è se non la contemplazione delle Idee in se stesse, cioè dell'Essere assoluto.
L'uomo, secondo Platone, non potrebbe conoscere le Idee se queste non fossero già, in qualche modo, presenti dentro di lui. Conoscere è allora ricordare, disseppellire il tesoro nascosto nel fondo dell'anima di ogni uomo. L'esperienza sensibile, in tal senso, è soltanto l'occasione della reminiscenza. Così, ad esempio, le cose belle suscitano il ricordo del Bello, non sono il Bello.
Nei dialoghi platonici il rapporto tra le Idee e le cose si presenta, di volta in volta, come partecipazione, imitazione, presenza, per cui le cose "partecipano" delle Idee, oppure le "imitano", oppure ancora le Idee sono presenti nelle cose stesse. Evidentemente si tratta di modi diversi per indicare come ciò che fa sì che le cose siano quello che sono è nient'altro che la dipendenza di queste da quelle. Grazie alle Idee, insomma, le cose "sono" e sono "conoscibili", trovando cioè in esse anche il proprio criterio di conoscibilità.
E' evidente la derivazione platonica di tutte le filosofie idealistiche e di tutti i trascendentalismi, compreso naturalmente quello di Ralph Waldo Emerson, che ebbe in Platone il suo grande maestro e ispiratore.
Nel Web, in Inglese:
Plato and His Dialogues
Nathaniel HAWTHORNE
(1804-1864)
Nathaniel Hawthorne, nato a Salem nel Massachusetts, una delle roccaforti del Puritanesimo americano, teatro di molti processi per stregoneria nel Seicento, segna nella sua opera uno dei momenti culminanti della crisi del Puritanesimo stesso. Di questo egli accetta la dottrina del peccato, il giudizio pessimistico sull'uomo, intimamente percorso dal male: rifiuta l'imposizione di norme repressive che portano all'intolleranza, mentre invece la Nuova Inghilterra avrebbe dovuto rappresentare una nuova nazione, fondata sulla comprensione e la tolleranza, su quel '< rapporto umano,, che per Hawthorne consente all'uomo di liberarsi dall'egoismo, dalla superbia, dal prevalere della "mente" sul "cuore".
La narrativa di Hawthorne, di conseguenza, si propone una ricerca di verità e di chiarificazione, non una precisa analisi delle passioni, e della tradizione puritana possiede la struttura simbolica e allegorica. Così per i racconti, contenuti nelle raccolte Mosses from an Old Manse (Muschi di una vecchia canonica, 1846) e Twice Told Tales (Racconti narrati due volte, 1852); altrettanto si dica dei romanzi, fra i quali spiccano Tbe Scarlet Letter (La lettera scarlatta, 1850), The House of the Seven Gables (La casa dai sette abbaini, 1851) e The Marble Faun (Il fauno di marmo, 1860).
Dal 1842 Hawthorne prese dimora a Concord, Massachussetts, a due passi dalla casa di Emerson. Ebbe pertanto modo di frequentare, oltre allo stesso Emerson, vari esponenti del Trascendentalismo, e in modo particolare Henry David Thoreau.
Johann Wolfgang von GOETHE
1749-1832
In Inglese, nel Web:
Johann Wolfgang von Goethe